L’arte contemporanea in un ambiente rinascimentale: Firenze e la sua realtà artistica

Stuart Plattner

National Science Foundation[1]

(traduzione di Andrea Furbini)

 


            L’indagine svolta in questo articolo è in risposta alla domanda: Come una ricca eredità artistica influenza lo sviluppo dell’arte contemporanea? Il caso etnografico studiato riguarda il panorama artistico esistente a Firenze e nelle zone limitrofe alla città, che ovviamente ricordiamo essere famosa come il luogo di nascita del rinascimento italiano e, fondamentalmente, dell’arte figurativa occidentale[2]. Il soggetto artistico studiato è d’avanguardia o di livello museale, nel senso di un arte interessata allo sviluppo della visione culturale attraverso la pura creatività. Arte di questo genere come pittura, scultura ed architettura fu commissionata dalla famiglia Medici, quando al governo della Città, durante il glorioso periodo dal quindicesimo al diciassettesimo secolo, impose un regime di entusiasmante mecenatismo. Mentre Firenze possiede anche una storia letteraria di grande rilievo –qui Dante Alighieri visse e scrisse la Divina Commedia nel tredicesimo secolo, altri scrittori italiani e stranieri come E.M. Foster, nell’opera Camera con Vista, la elessero’ suprema fonte di ispirazione–l’incredibile folla di turisti, che ogni anno visitano la città, concentrano la loro attenzione solo sulla pittura, la scultura e l’architettura rinascimentale.

            Firenze era il centro del mondo artistico cinquecento anni fà. Questa eredità aiuta o penalizza il mercato dell’arte figurativa contemporanea? Da un lato, io credo che l’amore di una società per il suo patrimonio artistico dovrebbe incoraggiare l’interesse verso gli artisti odierni. Michelangelo, Leonando Da Vinci ed altri furono supportati come avanguardie, durante la loro produzione, rendendo internazionalmente famosa la loro società, allora come oggi. È ragionevole pensare che gli odierni Toscani cresciuti circondati da meravigliosi capolavori artistici e coscienti del flusso turistico, che innonda la loro regione per tale motivo, dovrebbero valorizzare altrettanto il lavoro degli artisti viventi. Dall’altro canto l’attuale sostentamento della città proviene dalla commercializzazione della sua storia al turismo di massa, rendendo plausibile una  resistenza sulla necessità di finanziare lo sviluppo dell’arte contemporanea, in termini di energia, di attenzione e di denaro, poichè per definizione l’arte contemporanea può distrarre l’osservatore dal forte elemento rinascimentale, tipico delle città storiche. L’obiettivo di questo articolo è valutare queste due sensibili assunzioni secondo i criteri di uno studio etnografico sul mondo dell’arte contemporanea a Firenze, basandolo su un mio passato modello di mercati locali negli Stati Uniti (1996,1998). Questo è basato su una ricerca effettuata sul territorio di St. Louis, che ad una analisi comparata si dimostra essere un mercato medio negli Stati Uniti (Plattner 1996, appendix 5). Il mercato americano, comunque, non deve essere ritenuto un ternine di paragone definitivo, e mentre il punto fondamentale della ricerca sarà L’Italia, il confronto non potrà che arricchire anche la conoscenza della realtà Americana. I due luoghi sia a livello locale che nazionale (St. Louis, Missouri, U.S. e Firenze, Toscana, Italia) sono straordinariamente diversi. Ma ambedue si trovano in paesi occidentali, capitalisti, e sviluppati, sono di media grandezza e con un economia relativamente in salute e nessuno dei due ha un ruolo centrale nelle rispettive società. Quindi le differenze principali sono storiche: Firenze ha una profonda e impressionante storia che la vedeva leader mondiale tra il quindicesimo e il diciassettesimo secolo, al contrario gli artisti italiani contemporanei sono parte di un sistema che è stato praticamente invisibile sul palcoscenico mondiale nel ventesimo secolo. St. Louis non ha una storia occidentale e una storia dell’arte prima della sua fondazione nel 1700[3], invece gli artisti americani sono parte della scena artistica statunitense, che ha dominato il mercato mondiale nella seconda metà del ventesimo secolo. Quindi in relazione alle loro posizioni sul mercato dell’arte mondiale, i due posti–Firenze in Italia e St. Louis negli Stati uniti– sono comparabili al contrario: uno ricco in storia dell’arte e povero in rilevanza contemporanea; l’altro povero in storia medioevale e parte di un sistema ricco ed influente nell'età contemporanea.

 

La cornice: Firenze, la Toscana, l’Italia

            L’arte classica fiorentina è stata studiata da numerosissimi specialisti, che hanno prodotto una bibliografia voluminosa, completa, multilingue, espressione di vari secoli di ricerca. La città, che conta circa quattrocentomila abitanti, è visitata annualmente da nove milioni di turisti che vengono ad ammirare i suoi tesori artistici[4]. Ma, il mercato italiano dell’arte contemporanea si è sviluppato soprattutto a Milano e Roma. Nonostante Firenze sia una piazza periferica in questa realtà, rimane un interessante centro di ricerca su questo argomento. Inanzitutto i termini “Firenze” e “arte” sono così strettamente collegati, che anche solo i materiali descrittivi saranno di grande interesse per molte persone. Inoltre, il caso in specie ci permettera` di sviluppare la nostra comprensione su quanto una storia profonda e ricca influenzi la vita contemporanea.

            L’antropologia moderna assume due diverse posizioni su questo argomento: primo, il contesto storico è signore nel definire significati nella vita odierna; secondo, allo stesso tempo, che sono i problemi correnti a colorare e ricreare il significato del contesto storico. L’analisi che segue ha lo scopo di aiutare a costruire una teoria che sia di aiuto nella compresione della contrapposizione.

            Firenze è il nome di una città come di una provincia complessivamente popolata da 950.000 abitanti, che comprende altre cinquanta cittadelle minori. La città di Firenze è il Capoluogo della Regione Toscana che contiene altre nove province con una popolazione totale di 3.600.000 abitanti[5]. La città è collocata in una valle, dove scorre il fiume Arno, circondata da colline e inpreziosita da un clima amabile, a metà strada tra la costa adriatica e quella tirrenica. L’articolo è basato su informazioni raccolte, fondamentalmente, nella città e nella provincia di Firenze, con integrazioni riguardanti altre zone Toscane adiacenti, come le province di Siena e Prato.

 

Un modello di mercati locali d'arte

            I mercati locali d’arte sono parte speciale del genere mercato capitalistico, dove per il consumatore la comprensione del valore delle opere è problematica e l’obiettivo produttivo degli autori è inestricabilmente legato alla loro identità (v. Tabella 1, p. 483 in Plattner 1998[6]). Nei mercati locali troppi artisti ed opere competono contro una limitata domanda, sommergendo il mercato, deprimendo i prezzi, e restringendo, se non praticamente eliminando il mercato secondario.

            La mancanza di successo culturale o economico non influenza negativamente la produzione di arte di qualità come conseguenza del fenomeno che io chiamo “effetto van Gogh” (Plattner 1998:485; 1996:30-33). Questo giustifica il fallimento di un mercato disconnettendolo da valori estetici di lungo periodo (van Gogh, ricordo, è stato il post impressionista che vendette solo un dipinto durante la sua vita breve e tormentata. Il suo lavoro fu valutato poi come opera di bellezza suprema, e uno dei suoi quadri venduto al prezzo più alto mai registrato per un dipinto in una asta pubblica, cento anni dopo la sua morte[7]). Artisti contemporanei che temono per il risultato della vendita del loro lavoro possono trovare consolazione nella storia di van Gogh e concentrare la loro attenzione su una visione artistica di lungo corso e non sulle contingenze di un mercato depresso. Possono insistere sulla loro produzione, comportandosi come se loro credessero che l’arte di qualità non necessariamente si vende, e l’arte che si vende non necessariamente è arte di qualità (Plattner 1996:33).

            L’arte d'avanguardia è di fatto una merce di difficile vendita. La natura post-moderna dei canoni estetici contemporanei, caratterizzata dal mancato riconoscimento di una teoria del bello e del brutto, danneggia la domanda. Visto che il valore dell’arte contemporanea locale è socialmente determinato, molti potenziali acquirenti in mancanza di un patrimonio culturale cristallizzato esitano a comprare, spaventati che la loro ignoranza li possa portare a commettere errori come sovrapagare o comprare arte poi valutata scadente. Perchè investire denaro per lavori, che quando fanno bella mostra di sè sui muri, possono, con grande imbarazzo del proprietario, mettere in evidenza una ignoranza a più introdotti ospiti?

            Questo modello è stato sviluppato grazie a ricerche etnografiche negli Stati Uniti, ma è valido anche per il mercato che ho studiato in Toscana. In ambedue i luoghi è straordinariamente raro per un artista d’avanguardia sostenersi con il risultato della vendita dei suoi lavori. Artisti alla ricerca di visibilità assediano le gallerie d’arte, ma raramente raggiungono il loro scopo, e ancor meno in musei e spazi artistici. I collezionisti importanti sono pochi e lontani (comunque molto più numerosi in St. Louis che a Firenze). Come vedremo tutt’e due le città hanno un rispettabile numero di artisti e gallerie, la scena artistica fiorentina è oscurata, comunque, da alcune particolari ombre: la mancanza di attenzione e di risorse messe a disposizione dal governo della città e della provincia; la culturalmente assordante presenza --più simile ad una valanga-- del turismo di massa; e la senzazione di distanza dai maggiori centri d’arte, primo New York e gli Stati Uniti in generale, secondo Londra, Parigi, ed i centri d’arte tedeschi, e in fine la distanza dai principali centri italiani come Milano e Roma. Dall’altra parte la scena artistica beneficia grandemente della presenza d’ispiranti capolavori storici-artistici e del relativo ritorno economico, sebbene indirettamente, generato dal turismo di massa. Prima di approfondire l’analisi di queste contraddizioni, brevemente descriverò la struttura e la dimenzione del mercato, così i lettori potranno calarsi nella realtà che analizzeremo.

 

Il mercato dell’arte contemporanea a Firenze – Gli artisti

            Presenterò cifre relative alla provincia di Firenze, poichè la città è una area artificialmente delimitata in una zona di rapido trasporto. Prima di considerare alcun numero è importante capire la difficoltà estrema nello stimare la popolazione di artisti. Lo status è sedicente: uno è artista quando dice di esserlo. Ma taluno può rivendicare lo status per il suo relativo prestigio senza produrre nessun lavoro. Limitare lo status agli artisti che veramente lavorano e producono arte, può essere una buona soluzione, ma è impossibile ottenerla ad un costo ragionevole. Limitare lo status a chi ha già realizzato esposizioni potrebbe essere anche una ragionevole soluzione, se non fosse che, per ragioni personali, alcuni prolifici artisti non espongono le loro opere. Per esempio ho intervistato un artista fiorentino di circa sessant’anni, che lavora assiduamente su eleganti ed astratti acrilici, nel suo studio, per metà della sua giornata lavorativa; dopo essersi impegnato per tutta la mattina nel portare avanti una piccola attività, che gli garantisce un sicuro reddito. In passato ha tenuto mostre: in Firenze, Milano, Roma, Londra, Parigi, e altre città. Ma recentemente l’artistà ha deciso di non impegnarsi più nel affrontare il mercato, per il pesante impegno che richiede, vendendo i suoi quadri a clienti nella sua comunità o regalandoli. Avevo visto i suoi lavori in ristoranti e case private, e l’avevo incontrato grazie a conoscenze comuni, quindi sarebbe stato invisibile a uno studio basato sull’attività espositiva.

            Un rapporto preliminare, s’un sondaggio realizzato nel 1995 dalla Regione Toscana (Crispolti 1996), elencava 162 artisti a Firenze e provincia. I dati del sondaggio mostrano chiaramente che i ricercatori si sono limitati a considerare le belle arti: pittori, scultori e stampatori, non includendo maestri orafi, artigiani e artisti commerciali[8]. In base alle informazioni che ho raccolto, comunque, i dati sono sottostimati. Personalmente, ho intervistato 24 artisti che ho selezionato sulla base del duro e serio lavoro che svolgono. Solo sei di loro sono rappresentati nello studio regionale. Gli esclusi sono di diverse caratteristiche e status, giovani ed anziani, di successo o meno, emigrati o residenti, ma comunque tutti attivamente dedicati alla produzione artistica. Per esempio, un artista escluso è un americano di circa settanta anni che vive da trent’anni a Firenze, dove ha fondato una delle più prestigiose scuole d’arte per stranieri. Attualmente, espone i suoi quadri in tutta Europa. Un’altro escluso è un fiorentino sui cinquanta anni che ha esibito le sue opere per tutta Italia, inclusa la Biennale di Venezia[9] e che è ben introdotto, socialmente, sulla scena artistica locale.

            La mia prudente valutazione è che ci dovrebbe essere, in realtà, tre o quattro volte il numero di artisti certificato nel sondaggio regionale, comunque 450 o 600 artisti nella Provincia di Firenze che conta meno di un milione di persone. Questi numeri sono pressapoco simili a quelli da me stimati a St. Louis, dove figurano 800 artisti in un’area metropolitana di circa due milioni e mezzo di abitanti (1996: chapter 4). Dato un margine ragionevole di errore sulle stime, posso concludere, in una prima valutazione, che c’è proporzione nella popolazione di artisti nei due posti confrontati.

            Negli Stati Uniti il tipico artista di qualità museale si guadagna da vivere insegnando all’università o grazie a qualche altro lavoro, o affidandosi al proprio consorte per un reddito regolare e la copertura assicurativa sulla salute. In Italia vi è un sistema europeo, che provvede una copertura sanitaria universale, così che l’assicurazione per spese mediche non è un problema, ma il costo straordinariamente alto delle abitazioni in Toscana crea molti disagi agli artisti. In aree industriali gli artisti possono trovare spazi a buon mercato, in vecchi impianti in disuso, spesso un involontario aiuto a trasformare l’area in futuro quartiere residenziale (cf. Zukin, 1982 per questo fenomeno a New York). Ma Firenze non ha industria, e gli spazi disponibili sono molto costosi. Praticamente, tutti gli artisti intervistati usufruiscono di luoghi di proprietà familiare, mostrando l’importanza d’un origine medio-borghese. Essi tendono a vivere ad un livello di sussistenza, sicuri del luogo dove lavorano e della assistenza sanitaria pubblica, con la libertà di creare arte a modo loro.

            Ho intervistato una coppia di giovani artisti sotto contratto con gallerie d’arte, una relazione commerciale raramente riscontrabile negli Stati Uniti[10]. Il mercante è obbligato a comprare opere dagli artisti per un certo numero di anni, ma ha il monopolio sul lavoro dell’artista. Il mercante italiano paga una piccola parte del prezzo di vendita invece dell’usuale metà prezzo, a volte soltanto il 10-25 %, oltre ad addossarsi i costi del catalogo, della mostra, e a volte anche delle forniture e dell’affitto dello studio dell'artista. I mercanti preferiscono tenere segreta l’identità dei loro clienti agli artisti, che non sono a volte a conoscenza del prezzo finale di vendita. In questo modo gli artisti realizzano il loro sogno di studenti d’arte, concentrandosi solo sulla produzione e non sulla commercializzazione delle opere. Il risvolto negativo del sogno è l’intensa pressione esercitata dai mercanti nell’ottenere prodotti nello stile che i loro clienti apprezzano, limitando la libertà degli autori nello sviluppare la loro visione artistica. Artisti sotto contratto, comunque, sono estremamente rari, quindi, la maggioranza si guadagna da vivere nei più disparati modi, normalmente affidandosi anche all’aiuto della famiglia.

            Il fatto che molti artisti non espongono in prestigiose gallerie o vendono i loro lavori non significa che loro stessi, i loro amici, i loro parenti abbiano una considerazione minore del loro lavoro. A parte l’effetto van Gogh prima richiamato[11], la cultura italiana sembra maggiormente a suo agio con le difficoltà di mercato che quella statunitense. Come un concittadino americano, pittore, che ha vissuto in Italia per molti anni dice:[12]

 

[Gli Italiani] sono ancora un pò romantici, apprezzano ancora un pò l’artista come una persona che ha qualcosa di originale da dire, e non si aspettano che tu abbia necessariamente un grande successo. Ci sono moltissimi artisti che non hanno mai esposto, ma che hanno venduto centinaia di lavori, per pochi soldi, ad amici, familiari, amici di amici, e non c’è niente di umiliante in tutto questo, non c’è niente di strano in questo.

{Naturalmente, il loro guadagno non è sufficiente per vivere}

Ovviamente no, ma loro pensano che puoi essere una persona molto seria.....è come essere un poeta. Nessuno si aspetta da un poeta di fare soldi, e loro pensano in questo modo, loro dicono, se tu sei un pittore, perchè si dovrebbe ritenere che ogni interessante pittore sara scoperto? (intervista in inglese, 15/11/99).

 

I mercanti

            Essendo le gallerie delle attività commerciali pubbliche, dovrebbe essere più facile effettuare un conteggio accurato. Il sondaggio effettuato dalla Regione Toscana elenca 30 gallerie, includendo attività commerciali e centri culturali espositivi (organizzazioni non-profit, che possono esporre e talvolta vendere arte). La mia ricerca ha fruttato un lista di 62 gallerie e centri. Alcune delle attività elencate nel sondaggio regionale non sono più presenti[13]; altre, invece, sono state tralasciate nel pubblico sondaggio.[14] In S. Louis avevo accreditato 86 centri espositivi di arte contemporanea, di cui 55 erano punti vendita ed il resto musei o spazi dove normalmente non si esercitava la commercializzazione (1996: chapter 5). Sulla base del numero di gallerie e del flusso espositivo, mi sento di poter concludere: che tra le due città esiste una proporzione nel numero di attività espositive, se non un leggero vantaggio in termini numerici per Firenze.

            Firenze sembra ben fornito di artisti e spazi espositivi tanto quanto S. Louis. I mercanti fiorentini, specializzati in arte contemporanea, si lamentano, unanimemente, che solo pochi clienti appartengono all’area locale e che i turisti non sono interessati a questo target, imponendo uno sforzo notevole nella ricerca del cliente in altri luoghi italiani e non. Alcuni mercanti si impegnano a promuovere le loro attività presso la più prestigiosa esposizione di arte contemporanea in italia, che si tiene a Bologna. In termini numerici, Firenze era rappresentato nell’esposizione bolognese, tenutasi nel 2000, da dieci gallerie (su un totale di 209). Considerando il numero di partecipanti per singola provincia, il mercato era dominato da Milano con 45 espositori e da Bologna con 16. Comunque la presenza fiorentina rimane significativa anche se in second’ordine.

            Altri mercanti non ritengono che il costo dell’esposizione bolognese giustifichi la partecipazione, oppure semplicemente non vengono accettati dagli organizzatori (i quali stanno cercando di elevare la qualità espositiva dal decorativo al museale). La maggioranza dei mercanti realizzano i loro proventi con la vendità dei lavori ai loro tradizionali clienti, puntando sulla attività di merchandising e di networking familiari ad ogni mercante.

            È interessante scoprire che la maggior parte dei mercanti sono proprietari dello spazio espositivo oppure hanno uno speciale trattamento dal proprietario che gli garantisce un prezzo sensibilmente inferiore a quello di mercato. Come gli artisti i mercanti devono fare i conti con un ristretto mercato immobiliare a Firenze.

            Ottenere il successo per le gallerie d’arte è ovunque difficile, e alcuni commercianti di basso livello finiscono per inputare agli stessi artisti rappresentati parte dei costi. Una galleria può ottenere un diretto pagamento dall’artista interessato per l’uso dello spazio espositivo (Poli 1999:61; Plattner 1996:139), che ovviamente è segreto e biasimevole. La scelta del mercante di esporre i lavori dell’artista deve essere espressione evidente della fiducia sulla qualità della produzione. I costi sostenuti dal mercante devono essere interpretati in forma di investimento e basati sulla capacità di vendere le opere. Se il mercante si comporta semplicemente come un locatore (una espressione italiana che ho sentito molte volte è: “Affittacamere”) l’impegno figurativo è solo un mistificazione.

Come un artista disse:

Io non farei mai una mostra in  una galleria che devo pagare io, perché mi sembra cosí brutto, questa è una cosa squalificante, anche perché le gallerie che lo fanno sono di basso livello. (intervista, 5/5/00)

Mercanti denigrano altri mercanti con il termine affittacamere, e parecchi artisti si lamentano che espositori da loro contattati hanno posto come condizione una pesante partecipazione ai costi, pari ad un milione od a svariati milioni di lire. Questa pratica svilisce il significato di mostra ed è più comunemente riportata in Italia che negli Stati Uniti. Come il direttore della migliore scuola d’arte di Firenze cinicamente ha detto, spiegando perchè lui guarda solo il lavoro nell’assumere un futuro membro della facoltà e non la sua storia espositiva, come si fà negli stati Uniti, “tutto quello che ti serve è il denaro per avere una esposizione, oppure un catalogo” (31/01/00).

 

I collezionisti

            Negli Stati Uniti il mercato dell’arte si affida a pochi collezionisti che si materializzano alle innagurazioni e agli eventi culturali, come affidabili sostenitori del mondo artistico in generale. Spesso i nuclei di importanti circoli di collezionisti sono preparati ed incoraggiati dai curatori di musei locali, che garantiscono una legittimazione non commerciale all’attività dei collezionisti (cf, Plattner 1996:ch.6; Rheims, 1980). Firenze non ha un circolo di collezionisti di arte contemporanea e musei che possono aiutare a coltivare il loro gusto. Tutti i critici, gli artisti, i mercanti si lamentano di questo fatto. Come un artista ha puntualizzato:

Ci sono delle persone interessate all’arte, ci sono dei collezionisti, anche molto "tra virgolette" simpatici, ma persone che hanno un reale rapporto con l'arte, molto genuino, vero, non ce n’è una, come si puo dire, sono piu che altro delle mosche bianche, mosche bianche è il nostro modo italiano di dire, cose occasionali, non regolari. (intervista 15/5/00)

I pochi mercanti specializzati in arte d’avanguardia, si lamentano del tradizionale e poco avventuroso gusto del loro circolo di amici. Un mercante lo ha descritto cosi:

Il lavoro si concentra verso un pubblico di collezionisti molto selezionato, di cui solo una minima parte è di Firenze, gli altri vengono dal resto della Toscana e un pò da tutta l’Italia. Il 5% dell’attività di vendita è con la clientela fiorentina. Il 40% è con la clientela toscana.

Poi è passato a descrivere perchè i fiorentini sono sospettosi verso l’arte contemporanea:

Purtroppo Firenze non è una città facile per l’arte contemporanea, perché pesa sulle spalle di tutta la popolazione un passato e una storia di un certo livello, che tutti conoscono, che rende il fiorentino ostile verso l’arte contemporanea, c’è un atteggiamento scettico verso il valore economico dell’arte contemporanea.

{Troppo rischio?}

Da un lato troppo rischio, anche perché l’economia fiorentina non è basata sul rischio ma sulla rendita, cioè Firenze è una città che vive di rendita, che vive sul turismo, non è una città industriale, non c’è quindi quell’approccio imprenditoriale che presuppone un rischio nel lavoro, e quindi tanto meno verso l’acquisizione dell’opera d’arte. (intervista 7/11/99)

La tradizionale inclinazione dei fiorentini ad essere, tradizionalisti, contrari ad ogni rischio, anti estimatori di arte contemporanea è molto comune. Questa mancanza di una ben definita ed entusiasta comunità di collezionisti è l’unica grande differenza tra Firenze e gli altri mercati che mi sono familiari.

 

Le istituzioni

            Per avere un mondo artistico vibrante ci vogliono non solo gli artisti, i mercanti, ed i collezionisti, ma  anche i musei, gli spazi espositivi (spazi espositivi pubblici curati da promotori professionisti, ma senza collezioni permanenti), le scuole d’arte, e le pubblicazioni artistiche che impiegano critici giornalistici (Becker, 1982). In generale l’Italia ha pochi musei di arte contemporanea, e Firenze, patria di molti dei più importanti musei di arte storica nel mondo, non ne ha nessuno. Questa è una realtà amara per gli amanti dell’arte contemporanea fiorentina, poichè l’antica rivale situata al sud, Siena, ha recentemente aperto uno spazio per l’arte contemporanea in Palazzo Papesse, mentre la zona industriale di Prato, al nord-ovest, ha recentemente aperto un impressionante museo di arte contemporanea, denominato Pecci. Ambedue le iniziative molto irritanti per i fiorentini.

            I fiorentini sono offesi dalla arrogante assunzione di superiorità culturale sul resto della Toscana che esibiscono i senesi. Ma il fatto di possedere uno spazio espositivo sull’arte d’avanguardia, collegato a similari iniziative in Francia e Germania, ed in assenza di qualcosa comparabile a Firenze, ora da sostanza alle pretese senesi. Il caso di Prato è ancora più significativo, visto che i fiorentini amano guardare dall’alto verso il basso i Pratesi, come ignoranti e rozzi uomini d’affari (Prato è stato per molti anni un centro mondiale di prodotti tessili e di lane riprocessate). È più difficile sostenere un immagine di superiorità per Firenze come centro delle belle arti, quando si deve andare a Prato per poter anmmirare una mostra di arte contemporanea di primo livello (esposizione Pecci). Questo insulto è rafforzato dalla presenza di un giardino di sculture di importanza mondiale aperto al pubblico, presso la tenuta di Giuliano Gori alla Fattoria di Celle di Pistoia, vicino alla zona nord-ovest di Prato. Il parco contiene una ampia selezione di sculture da esterno realizzate da artisti d’avanguardia di fama internazionale. Esso è comparabile con altri importanti parchi monumentali come Storm King negli Stati Uniti. Anche Pisa, vicino alla costa tirrenica, ha recentemente aperto un coraggioso spazio espositivo per l’arte contemporanea, Fondazione Teseco, localizzata in un’area industriale. La città di Firenze, maggiore centro per popolazione ed importanza politica, clamorosamente manca di musei d’arte contemporanea.

            La città di Firenze è il centro regionale per l’educazione all’arte. La città ospita due rinnovate scuole d’arte: l’Accademia di belle arti e l’Istituto d’arte di Porta Romana. Cosimo I dei Medici fondò l’accademia nel 1563, con l’auspicio del sommo artista, architetto, storico dell’arte Vasari, con Michelangelo come suo primo direttore[15]. La scuola ora è tra le venti finanziate dal Governo italiano e la loro attività è comparabile a quella universitaria. Gli iscritti sono circa 1.400, i diplomati sono circa 250 all’anno in pittura, scultura, decorazione o disegno scenografico. L’altra scuola è l’Istituto statale d’arte di Porta Romana, finanziato sempre dal pubblico, ma comparabile ad una scuola superiore. L’accademia, comunque ha come priorità l’insegnamento dei principi e delle tecniche della realizzazione pratica, drammaticamente in contrasto con le principali scuole d’arte statunitensi, che normalmente hanno come obiettivo il produrre diplomati pronti a fronteggiare il confine del mercato. L’Accademia non ha nessuna intenzione di formare artisti d’avanguardia che possano avere un immediato impatto sul mercato. Il direttore, consapevole di occupare una posizione prima onorata da Michelangelo, non si preoccupa di preparare gli studenti sulle teorie post-moderne, qualunque possano essere, ma piuttosto di dare agli studenti una solida base sui principi e le tecniche classiche (intervista 13/01/00). Esistono altre scuole private minori che insegnano a studenti stranieri, alcune specializzate in pittura accademica classica, altre in stampa restauro e tecniche decorative, ma ancora hanno un limitato impatto sul mondo artistico di primo piano.

 

I critici-curatori

Ia scarsità di musei d’arte contemporanea in Italia, con il loro esperti e curatori professionali, comporta che i ruoli di giornalista, critico, consulente e curatore sono spesso combinati, mentre sono normalmente separati negli Stati Uniti. Le persone in questi ruoli assumono una più ampia importanza nel mondo artistico italiano che normalmente in quello americano. I più famosi e attivi critici definiscono nuovi stili basati sul lavoro di un numero di artisti scelti, curano mostre e spazi espositivi pubblici, scrivono in giornali e riviste specializzate per promuovere nuovi stili e contribuiscono alla stesura di cataloghi arricchendoli della loro valutazione.[16] È comune in Italia, diversamente che negli Stati Uniti, per le gallerie di invitare critici a curare l’allestimento dello spazio espositivo.

            In Italia l’eminente critico Achille Bonito Oliva e il movimento Transavanguardia nel mondo romano della pittura degli anni ottanta è l’esempio più frequentemente menzionato in tal senso. Le relazioni pubbliche intrattenute dal critico, per questo piccolo gruppo di artisti, furono un aiuto fondamentale per renderli famosi e di successo. Ma la mancanza di un sostegno istituzionale per la realtà artistica fiorentina (mancanza di musei d’arte contemporanea e di critici di punta) ostacola gravemente l’affemarsi di critici e i loro sforzi nel sostenere i loro artisti in particolare e l’arte contemporanea in generale. Mentre il sistema artistico italiano ha il potenziale di dare più rilievo ai critici che non quello americano, lo specifico settore artistico fiorentino frustra i loro piani. Una critica si lamentava, “Non c’è un mercato d’arte contemporanea a Firenze”.[17] La critica-giornalista, di circa cinquanta anni, che lavora anche come consulente e curatrice, e con una riconosciuta fama di scrittrice, curatrice oltre che organizzatrice di centri d’arte non-profit e membro di commissioni pubbliche, critica così la realtà locale:

Un sistema vuole dire musei, non ci sono musei d’arte contemporanea a Firenze. Hanno speso già 30 miliardi a Rifredi [un proposto museo d’arte contemporanea] con 40 miliardi ancora da spendere … Il piano Rifredi è cominciato insieme con il museo Pecci nel 1982, a Prato … Prato apriva il museo Pecci nel 1988, Firenze sta ancora giocando con Rifredi … Un sistema d’arte vuole dire gallerie, ce ne sono troppo poche a Firenze, … Gli artisti vanno via, dove esporre qui? Ci sono pochi artisti, mancano pubblicazioni, riviste, manca tutto un sistema.

{Perchè? Ci sono molti soldi qui, e la gente ama l’arte}

Non c’è interesse, la città è autosufficiente con la sua storia. Vengono da fuori per vedere l’arte storica, Gli Uffizi [il museo più importante di Firenze]. Le masse vengono a vedere il David [la famosa scultura di Michelangelo, che è diventato una icona dei tesori artistici Fiorentini] (intervista 27/6/00)

Un altro critico e curatore, di 34 anni, specializzato in artisti emergenti, è stato altrettanto duro, anche se per diverse ragioni:

Noi siamo la provincia della provincia dell’impero. Milano è la provincia dell’impero americano, e Firenze è la provincia della provincia. Allora, secondo me bisogna pensare globale. Pensare che l’artista che vive a Firenze ha la stessa dignità dell’artista che vive a New York, a Parigi, a Berlino e può fare delle cose altrettanto belle, anche se, purtroppo, sta ai margini dell’impero.

Il problema di questa città è che ci sono pochissime gallerie. Ci sono invece molti artisti, che però cercano fortuna a Milano. C’è un’accademia di belle arti. C’è una grande tradizione a Firenze, anche contemporanea. Firenze è stato un centro molto importante del Futurismo,…1912-1914, fino al 1915. … Adesso Firenze è isolata, e chi viene da Firenze è visto male, è un passatista…. un reazionario. … I fiorentini, la borghesia fiorentina pensa che quello [l'arte del cinquecento] sia stato un momento dorato, aureo della cultura mondiale, e sono rimasti legati a quell’idea. All’idea che Firenze è un grande centro dell’arte, perché c’è stato Botticelli, ma non perché c’è stato il Futurismo, o la poesia visiva [due stili moderni italiani]. …. Il fiorentino come persona è un pò reazionario, molto provinciale, borghese, molto sicuro del suo posto nel mondo. Questo è un grave handicap. In questa città non c’è una borghesia imprenditoriale come a Milano, non c’è il rischio. … Manca ,quindi, una borghesia imprenditoriale di questo tipo. È   una media-piccola borghesia che vive sulle sue certezze, isolata dal resto d’Italia. Il fiorentino è isolato, e anche il toscano in generale. (intervista 13/12/99)

I temi che questi due critici-curatori portano alla luce si rispecchiano, praticamente, in ogni altra dichiarazione. Per riassumere, la loro principale critica è rivolta alla concezione popolare che l’arte suprema sia indefinitivamente quella storica, posizione che non lascia molto spazio all’arte contemporanea d’avanguardia. Si lamentano, inoltre, che il movimento turistico, che è il supporto principale dell’economia locale, è attratto dall’icona dell’arte storica, cosicchè le istituzioni pubbliche non hanno nessun incentivo ad investire risorse sull’arte contemporanea.[18] A Firenze, non ci sono importanti riviste d’arte come Flash Art e Arte Mondadori che sono edite e pubblicate a Milano. La mancanza di una vivace letteratura sulla scena artistica, interessata all’arte contemporanea, induce ancor più la gente ad ignorare la loro recente storia artistica e impedisce il nascere di una comunità di collezionisti locali. Le critiche elencate, da questi specialisti del settore, inducono a ritenere che il passato oscura il presente in questa città.

 

Il passato nel presente

            La preferenza per l’arte storica su quella contemporanea si basa su diverse ragioni. Innanzitutto, l’attribuzione di un valore estetico è più facile in caso di arte classica: più tempo passa e più il giudizio si consolida. Ma nonostante questo sia vero, la situazione che ho incontrato in Toscana include tutta l’arte storica, non solo l’arte certificata dagli esperti. La gente espone quadri, in posti d’onore, che sono così oscurati dal tempo, che l’immagine è appena percettibile. La più rilevante ragione di questa preferenza sembra, semplicemente, che la storia è viva e molto stimata in Italia, quindi ogni connessione con il passato diventa di per sè un valore.

            Per esempio, la fluente alternanza di esempi odierni e storici nella conversazione di tutti i giorni suona stupefacente all’orecchio di un americano. La mia esperienza più significativa è stata quando un commesso di una ferramenta mi diede una estemporanea lezione sul Governo Senese nel sedicesimo secolo, sostenendo la tesi, che Siena oggi è un posto più interessante da vivere che non Firenze. Inoltre, un uomo d’affari di Prato che mi spiegò perchè Firenze non ha costruito un museo di arte contemporanea, alternandosi, senza nessuno sforzo, nel descrivere fatti successi negli ultimi dieci anni e nel ricordare un antico aneddoto sui fiorentini, percui sembra che tirarono pietre sul David di Michelangelo quando fu per la prima volta esposto all’inizio del mille e cinquecento (intervista 22/07/00). Un artista fiorentino descrivendo il suo lavoro come “intellettuale” spiegava che nel medioevo la pittura fiorentina era considerata più intellettuale, perchè basata su elementi lineari, mentre quella veneziana piu emozionale, perche’ basata sul colore (intervista 15/05/00). Il naturale fondersi del passato e del presente, rivelato da questi racconti, mostra la contemporanea predominanza del passato in Toscana.

            Il rispetto per il passato, comunque, viene reinterpretato nel perseguire interessi attuali. La borghesia commerciale fiorentina riconfeziona i beni culturali della regione, per renderli usufruibili al turismo di massa. Per esempio, il Museo degli Uffizi recentemente ha riaperto “il Corridoio del Vasari”, una galleria costruita sopra il Ponte Vecchio nel sedicesimo secolo. I Medici ordinarono la galleria così da poter raggiungere senza essere visti Palazzo Vecchio, da Palazzo Pitti, passando sopra l’Arno. Il passaggio è stato allestito con dipinti storici, pur non essendoci nessuna prova che fossero stati presenti, originariamente, in questo spazio. La realizzazione è stata curata per offrire ai turisti, paganti una speciale tariffa, un interessante esperienza artistica che fosse in qualche modo storica.

 

L’effetto soffocante del turismo di massa sulla cultura

            Come parecchi intervistati hanno dichiarato, c’era una vibrante realtà culturale contemporanea prima della seconda guerra mondiale. Il cambiamento più significativo sembra essere da ricondurre all’avvento del turismo di massa. Il turismo straniero in Italia risale a molto tempo fà, grazie al sostegno di guide professioniste e agenzie come Thomas Cook e Baedecker solidamente presenti sin dalla metà del diciannovesimo secolo (Palloscia 1994:12-17). Ma questi servizi erano per un’elite: bene-educati visitatori alla scoperta, senza fretta, dei tesori culturali del paese. Il turismo di massa odierno, consistente in una folla di non culturalmente preparati turisti del mordi e fuggi, organizzati in gruppi numerosi, che si interessano esclusivamente delle destinazioni più famose, è un fenomeno che si è sviluppato negli ultimi cinquanta anni, grazie al successo economico della classe media. La maggior parte delle persone che ho intervistato si sono lamentate di questo fenomeno. Per esempio, un artista locale di successo, di circa cinquant’anni, mi mostrava il suo studio, nel centro della città, un sogno per un artista europeo, con  volte e soffitti alti, affreschi del diciottesimo secolo e completamente servito da luce naturale. Egli possiede questo tesoro perchè apparteneva prima a suo nonno, poi fu la sede della rilegatoria di suo padre, e ora gli consente di lavorare circondato da significative memorie di famiglia. Ma quando si spinge fuori sulla strada, si trova immerso tra orde di turisti. Egli si lamentava cosi al riguardo dello sfruttamento dell’arte classica a Firenze:

Il turismo influisce negativamente sull’animo delle persone che fanno un lavoro che non sia quello di vendere i “ricordini”. La persona che vive una vita intellettuale attiva in città, è danneggiata in maniera definitiva. Nell’aria c’è questo senso di vacanza senza fine, di urlare, di bere. Questa è una cosa volgare che la città sente, perchè la città ha orecchie, percepisce … infatti non è facile vivere qui, piu che altro dal punto di vista mentale, perché la città è completamente dissociata, perché il turismo, le gite scholastiche, tutta questa gente per strada, che toglie la voglia di creare, manda via ogni desiderio creativo. Perchè è come la morte che passa continuamente. (intervista 8/5/00)

            La critica appena riportata è elemento costante in molte altre interviste. Il problema è il flusso senza fine di semplici turisti, circa venti per ogni abitante, che vogliono vedere le stesse cose: la statua del David, il Duomo, e forse un altra dozzina di posti. I turisti spingono in alto i prezzi dei ristoranti, affollano le anguste strade di pietra con uno spaventoso e rumoroso traffico, ostacolando ogni pubblica transazione con la loro eterna ignoranza dei costumi locali. Questi problemi spingono la popolazione locale lontano dal centro. Un altro artista fiorentino, anch’egli sui cinquanta anni, commentava:

Tutta la gente che vedi in Firenze, pensi che sono fiorentini? Sono tutti stranieri, da chissà dove. La vita a Firenze è perduta. A causa di quello che ti ho detto, ogni cosa è stata sottratta dai turisti, dal turismo, dall’industria, o dalla pizza al taglio [fast food mangiato per la strada, è un affronto all’arte del mangiare, particolarmente a cuore agli Italiani] e ogni cosa è preparata per questo. Sai, noi succhiamo il denaro ...della gente, e lo gettiamo.... nelle nostre banche...È così, Non vorrei mai vivere oggi nel centro della città, non c’è vita là. Troppo traffico, troppo...Ha perso il suo carattere, la sua vita (intervista in inglese, 03/11/00)

            Il settore del turismo rappresenta un flusso di redditto che mantiene la città economicamente ricca.[19] L’industria del turismo coinvolge il 60% delle attività produttive, con una spesa direttamente per il turismo di circa il 9% dell’intero budget della città.[20] Molti mercanti d’arte corteggiano i turisti, pubblicizzandosi in guide turistiche ed esponendo le loro collezioni in alberghi. In un caso singolare un mercante italiano ha denominato la propria galleria, di successo, “Ken’s Art Gallery” perchè il nome si dimostra vicino e più approcciabile alla sensibilità dei turisti di lingua inglese (intervista 18/11/00).

            L’estraniamento degli intellettuali dal centro della città, l’insoddisfazione per la vita culturale e la sensazione che la qualità della vita urbana italiana è stata venduta in cambio di dollari, non è una caratteristica esclusiva del mercato d’arte contemporaneo. Ben conosciuti scrittori come Antonio Tabucchi, il cui più recente libro introduce la città di Firenze con le parole: “Firenze è una città volgare” rispecchia le critiche che ho udito molte volte nelle mie interviste (1999:8). Contrariamente al fatto che la città e la provincia presentano un impressionante calendario musicale, nessuna delle persone formalmente intervistate o molte altre con cui ho intrattenuto semplici conversazioni hanno mai detto di essere soddisfatti della vita intellettuale della città. Se questo è vero, perchè così tanti artisti da ogni parte d’Italia e dal resto del mondo vivono lì?

 

L’amore per l’arte

            Il cupo quadro del mondo artistico fiorentino che ho dipinto è solo un aspetto di una realtà complessa. Infatti la società in genere è sommersa dall’arte contemporanea. È comune trovare quadri originali e stampe, in bar locali,[21] negozi e case. Nella maggior parte dei casi gli artisti realizzatori delle opere sono amici o parenti dei proprietari. In un piccolo campione di case private, in una città popolata da borghesia media nella provincia di Firenze, a circa trenta chilomentri dal capoluogo, ho rilevato che in una casa media si possono trovare 18 lavori significativi.[22] È difficile comparare questi dati con quelli degli Stati Uniti, ma tenendo conto del risultato di un sondaggio su 200 case a New York, realizzato dal sociologo David Halle, dove risulta una media di 8 quadri o fotografie per sito (1993, calcolato sulla tavola A-10, p. 216), si può dire che c’è molta arte originale nelle case fiorentine.

            La gente possiede arte comprandola o ricevendola come regalo dagli artisti, dagli amici, dai parenti o da organizzazioni. In Italia è comune per le organizzazioni pubbliche distribuire lavori artistici ai loro membri. Per esempio, un artista locale, sui sessant’anni, mi ha raccontato: come un sindacato industriale distribuì delle sue stampe ai loro membri-lavoratori, circa dieci anni fà:

            “I lavoratori hanno un club....hanno una galleria d’arte, e... in occasione di una mia mostra, mi dissero: ci piacerebbe che tu facessi una lastra per litografie, che noi stamperemo e distribuiremo alla nostra gente. Ne stamparono 100...e i lavoratori pagarono pochissimo, 15.000 lire [meno di 13 dollari al tempo], per un stampa numerata, controllata da me e autografata, e lo fanno regolarmente. Per loro e del tutto normale avere arte in casa, sono abituati.

{Quello che sta dicendo, implica che il mercato dell’arte contemporanea è molto diffuso qui?}

Molto più diffuso qui, che in molti altri paesi, è così, è molto più ampio, diffuso e aperto......Ci sono molte persone che dipingono, c’è molto rispetto....l'arte è vista come un’attività.”...(intervista in inglese, 05/11/99)

            Una delle 30 case oggetto del mio sondaggio, appartenente ad un operaio specializzato, presentava stampe originali e autografate nel garage. Quando domandai perchè, il lavoratore mi rispose che aveva ricevuto le stampe dalla associazione di donatori di sangue in cui lui era volontario e che non aveva più spazio in casa dove poter appenderle (intervista 10/06/00) È   comune, inoltre, per gli italiani dire che hanno ricevuto quadri come regali di compleanno, matrimonio o altre occasioni. L’arte è apprezzata, rispettata, e accettata come parte della vita di tutti i giorni.

 

L’arte contemporanea nelle case dei toscani

            Le case dei fiorentini sono colme d’arte, tuttavia artisti, critici-curatori e mercanti si lamentano che non c’è nessun apprezzamento per l’arte contemporanea di qualità. L’arte che molte persone vogliono avere in casa, è sia quadri storici non classificati, sia una sorta di lavori decorativi, di nessun respiro e di scarsa originalità, che artisti di alto profilo semplicemente disdegnano. Un giovane curatore d’arte, specializzato in artisti emergenti è stato acidamente critico al riguardo:

La toscana è una specie di oasi è tutta “bellina”. Ci vanno tanti americani, tanti tedeschi. Tengono i paesi molto carini. Il paesaggio è un giardino, anche quello agreste, agricolo, e un giardino, non è la agricoltura pesante, puzzolente. È   un'agricoltura bellissima. Qua è tutto così carino, pittoresco. E il fiorentino è pittoresco e carino. (intervista 13/12/99) [23]

            Un artista di trent’otto anni, nativo di Firenze, ha un altra spiegazione per il fallimento dell’arte d’avanguardia:

a Firenze, un professionista, si compra un apartamento grande, bello, in un palazzo antico.  A quel punto, cioè, quando stai in una casa del millecinquecento, ti viene voglia di mettere mobile dei cinquecento.  Quando hai messo mobili del millecinquecento, ti viene voglia di mettere la pittura del millecinquecento, del milleseicento. Questo avviene a Firenze. (intervista 11/5/00)

            Una invadente storia dell’arte locale quindi pone gli artisti in una posizione di grande difficoltà. La popolazione locale, ammira e vuole mostrare arte, ma allo stesso tempo l’arte che prediligono non ha le caratteristiche di sfida proprie dell’arte contemporanea di alto livello. Un critico dell’arte di cinquantanove anni, mi ha spiegato che la mancanza di un supporto istituzionale a favore dell’arte contemporanea è dovuto alla natura non decorativa e alla distanza che la classe media tiene da avventure sperimentali. Poi, mi ha introdotto allo sviluppo del mondo artistico dopo la seconda guerra mondiale:

Fino agli anni sessanta c’era un sistema d’arte qui a Firenze. Era stimolante, aveva una struttura sociale. C’erano delle generazioni di artisti. Era una scena provinciale, ma almeno era una scena. (intervista 5/16/00)

            Egli ha descritto come alcuni artisti d’avanguardia e pochi spazi espositivi attrassero contributi artistici visionari da fuori Italia negli anni settanta, situazione che rovino il rapporto con l’alta Borghesia, basato su una provinciale e comoda concordanza di interessi. Il punto critico non era la provenienza della nuova tendenza, ma la sua natura innovativa:

Firenze ha il turismo internazionale, ma sempre a basso livello [culturale]. L’arte contemporanea porta domande [intelletuale] ma la mentalità negoziante fiorentina ha prevalso su tutto. Dagli anni settanta i negozianti cominciarono a determinare l'immagine della città …il turism odi massa [previene] …una attenta analisi dell'arte.

(intervista 5/16/00)

            Quindi, riassumendo, il turismo di massa dell’ultimo quarto di secolo ha depresso il discorso intellettuale sull’arte. Allo stesso tempo la natura non decorativa e aggressiva dell’avanguardia contemporanea ha portato all’alienazione dei proprietari delle gallerie.[24] Questi appartenenti alla classe medio-alta, che erano stati i naturali e entusiasti sostenitori della locale arte contemporanea.

 

Conclusioni

            La città di Firenze era un frizzante centro intellettuale in Italia prima della Seconda Guerra Mondiale, la patria di importanti riviste letterarie e di movimenti d’arte figurativa. Nella seconda parte del secolo l’intesificarsi del fenomeno del turismo di massa, ha coinciso con il declino della vita intellettuale e culturale della città, sulla base anche dell’interesse esclusivo delle autorità pubbliche nel servire il turismo.

            La mancanza del supporto pubblico verso l’arte contemporanea a Firenze non ha, comunque, diminuito l’interesse ed il rispetto della popolazione verso l’arte. La gente cresce circondata da capolavori dell’arte figurativa, amati e cercati da milioni di turisti, che ogni anno affollano la città, sviluppando e mantenendo il loro sentimento nel tempo.

            Ma, probabilmente, il disinteresse delle autorità ha influito sulla definizione del gusto degli usufruitori d’arte. La mancanza di un museo d’arte contemporanea e conseguentemente degli specialisti a questo legati e la mancanza di riviste specializzate del settore hanno privato la popolazione locale di una discussione ad alto livello, che stimolasse la curiosità e rafforzasse la conoscenza. Così il gusto popolare è rimasto quello che era, sensibile all’arte decorativa, che gratifica l’occhio, invece che all’arte d’avanguardia, che sfida i precostituiti modi di valutare.

            Ambedue gli assunti valutati all’inizio dell’articolo sono validi in quanto: la storia dell’arte locale stimula l’amore ed il supporto per l’arte, mentre l’atmosfera commerciale seriamente restringe la natura dell’arte apprezzata. L’attuale commercializzazione del patrimonio artistico storico sembra soffocare l’arte contemporanea. Le sporadiche esposizioni d’arte contemporanea in siti storici, prevalentemente in Palazzo Vecchio e Palazzo Strozzi, non sembrano avere un impatto significativo sulla vita culturale della città.

            Non penso che la relazione tra il presente ed il passato del mondo artistico, descritta in questo articolo sia generalizzabile, semplicemente, ad altre realtà. Firenze è unico nella storia occidentale e la straordinaria presenza turistica e la predominanza che la relativa industria detiene nel sistema economico sono altrettanto unici. Ritengo, quindi, che l’importanza teorica del caso Firenze sia da ricondurre alla sofferenza che l’arte contemporanea subisce quando la combinazione degli interessi economici e del patrimonio artistico storico è dominante.



 


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Note

 


Per conoscenza. La mia ricerca in Italia, dal Settembre 1999 fino a Luglio del 2000, è stata realizzata durante un'anno sabbatico garantito dalla National Science Foundation. Sono grato a Marta Cattarina per l’aiuto fornitomi nella raccolta dei dati e nella trascrizione delle interviste; a Ruggero, Rosanna e Silvia Bacci come anche Arabella Natalini per la preziosa presentazione al mondo artistico locale; al Profesore Enrico Crispolti dell’Università di Siena e al Dr. Attilio Tori dell’Ufficio d'Affari Culturali della Giunta Regionale Toscana per le informazioni relative al sondaggio regionale; al Dr. Massimo Bressan per la consulenza antropologica e l’aiuto ricevuto a Firenze; alla Dot.ssa Antonia Trasforini dell’Istituto Cattaneo di Bologna, per aver diviso le sue conoscenze del mondo artistico italiano e i suoi dati statistici sulle gallerie d’arte a Bologna. Ringrazio lo Stanford University Overseas Studies Center a Firenze per avermi offerto gentilmente un aiuto organizzativo all’inizio del mio progetto. Sono profondamente riconoscente ai miei colleghi e amici Frank Cancian, George Collier, Rudi Colloredo-Mansfeld, Jane Collier, Ricardo Godoy, David Guillet, Leonard Plotnikov, Marie Provine, John Yellen e mia moglie Phyllis Plattner per il sostegno dei loro commenti nella stesura del lavoro, anche quando non li ho seguiti. Ringrazio Andrea Furbini per l'aiuto di traduttore e per suoi consigli sulla lingua e la cultura italiana.

 



[1] Questo articolo esprime la mia opinione personale, La National Science Foundation è stata nominata solo per identificazione.

[2] Questo articolo usa i termini, “sistema dell’arte”, “mercato dell’arte”, e “mondo artistico” intercambievolmente riferendoli al comportamento sociale nel realizzare, comprare, vendere, esibire e commentare arte.

[3] La storia degli indigeni Cahokia a St. Louis si spinge indietro nel tempo per diverse migliaia di anni, ma non ha avuto un impatto culturale sulla società moderna.

[4] Il sito internet della citta di Firenze indica una popolazione stimata, nel 1995, pari a 383.594 persone (http://www.comune. Firenze.it /comune/relazion/quagen.htm). L’Istituto Nazionale di Statistica, ISTAT. stimo’ la popolazione di Firenze città in 429.167 nel censimento del 1991 (ISTAT 1994). Le informazioni sul turismo sono tratte dal sito internet (http://provincia.fi.it/…/info06-04-00ag.htm).

[5] L’Italia ha un totale di 20 regioni, e una popolazione di circa 58 milioni.

[6] Mercati d’arte centrali ed egemonici come New York, Londra, Parigi, e Cologna operano differentemente, seguendo le caratteristiche delle “superstar” dei mercati, come analizzati da Rosen 1981 e Adler 1985.

[7]Vedi il libro di Peter Watson del 1992 che riporta un interessante rapporto delle vendite nel 1990.

[8] Il sondaggio considera sia artisti stranieri che italiani.

[9] La Biennale di Venezia è la più famosa e prestigiosa esposizione d’arte moderna nel mondo.

[10] Artisti affermati negli Stati Uniti normalmente hanno contratti che prevedono un diritto esclusivo sulla rappresentanza su basi concordate. Artisti il cui lavoro è già un investimento sul mercato possono anche godere della vendita anticipata alla galleria, ma non artisti emergenti, il cui lavoro non è ancora una merce scambiabile.

[11] Questo riferimento è ovviamente di mia forgia. Molti artisti non vogliono semplicemente relazionare il loro lavoro con quello di Van Gogh, ma vogliono mettere in evidenza che il loro lavoro è buono quanto quello esposto in gallerie prestigiose, che rifiutano di connettere con la cultura popolare o il gusto delle classi non educate.

[12] Le interviste sono state realizzate in italiano a meno che sia specificato che erano in Inglese, con l’indicazione della data. Il materiale tra parentesi quadre è stato aggiunto per chiarire la posizione e gli argomenti dell’intervistato; il materiale in parentesi graff indica gli interventi dell’autore. I puntini denotano omissione di materiale. Ho convertito valori da lire in dollari sulla base del tasso di cambio ufficiale, circa 1800-2000 L. per dollaro durante il periodo della ricerca.

[13] I componenti del mondo artistico fiorentino come di quello di St. Louis hanno la stessa opinione sulla durata delle gallerie d’arte contemporanea—circa 5 anni. Le ragioni sono le stesse in tutti e due i posti: molte persone che possiedono una galleria d’arte hanno una seconda fonte di reddito sicura e aprono le gallerie in ordine alla necessità di mostrare il loro amore per l’arte. Dopo qualche anno di mancato sostegno da parte della comunità rivalutano il loro impegno nel vendere arte contemporanea—dopo tutto non lo fanno per vivere—seguendo altre vie per esprimere la loro passione.

[14] Il libro di Paloscia sull’arte contemporanea indicava 81 gallerie attive in Firenze nei primi anni settanta (nota 9, p. 29), di cui solo 15 appaiono nella mia lista per il 1999-00. Ma una percentuale di sopravvivenza del 19% è probabilmente migliore della media per le piccole attività commerciali.

[15] Le radici dell’accademia sono riconducibili a una confraternità di pittori, fondata nel 1339. L’istituzione Medici/Vasari/Michelangelo era chiamata l’accademia del disegno, che diventò l’accademia moderna quando fu’ riconosciuta dal Gran Duca Leopoldo nel 1785 (Kempers 1987:286-293; L’accademia 1984).

[16] Questo tipo creativo di critico non è una esclusiva italiana. Clement Greenberg è forse l’esempio più familiare agli americani nel suo ruolo di promozione degli espressionisti astratti dopo la Seconda Guerra mondiale a New York.

[17][17] Molti italiani usano la frase “arte contemporanea” indicando l’avanguardia, post-modernismo, o comunque lavori non tradizionali e avveniristici e usano la frase “arte moderna” riferendosi ad arte non avveniristica e tradizionale, legata ad artisti viventi. In tutte le interviste ho chiarito che con “arte contemporanea” mi riferisco a qualunque lavoro di artisti viventi, riservando “arte moderna” per lavori eseguiti nella prima parte del ventesimo secolo.

[18] Ad un analisi comparata le critiche rivolte al numero delle gallerie d’arte a Firenze non sono confermate. Il dato fiorentino non è eccezionale. Si devono riferire al numero delle gallerie specializzate in avanguardia o arte avveniristica, relativamente al numero degli artisti. Sulla base dei miei studi sui mercati locali le gallerie avanguardistiche mai sono sufficienti.

[19] Il turismo in Italia sin dalla Seconda Guerra Mondiale è cresciuto immensamente. Dal 1950 al 1966, per esempio, il turismo crebbe del 453%, mentre la popolazione italiana crebbe del 12,8% e la produzione industriale crebbe del 271% (Paloscia 1994:72). L’Italia da molti anni è tra le destinazioni preferite del turismo (Touring Club Italiano 1994:83-5). In Italia, la Toscana detiene il secondo posto dopo il Veneto come destinazione turistica (Touring Club Italiano 1994:92).

[20] Fonte: sito internet della città di Firenze, http://www.comune.Firenze.it/programmasindaco.htm.

[21]I bar in Italia vendono principalmente caffe’, paste e merende. Sono simpatici e accoglienti posti a gestione familiare, molto diversi dai bar americani legati alla vendità di alcolici.

[22] Ho valutato 30 case relative a 3 diverse classi sociali: 10 ricche, 10 medie, 10 di semplici lavoratori, non scelte casualmente. I 18 quadri includono 12 oli originali, 2 acquerelli o tempera. 2 stampe, e circa 2 disegni. La rappresentazione data ignora un numero di piccoli o insignificanti lavori.

[23] Nel mondo dell’arte di qualità il termine “carino” o “decorativo” è normalmente usato come insulto per denotare che il lavoro è legato ad una cultura misera o al gusto popolare.

[24] Una definizione usata sempre con spregio dagli intervistati, proprio quando loro ammettono di vivere grazie al reddito dei negozi di famiglia.